Casa Editrice: Salani – Le stanze
Anno di pubblicazione: 2022
Pagine: 400
Italia, fine anni Sessanta. Antonio, giovane medico meridionale originario di Serente, sta avviando a Roma una brillante carriera e un solido progetto di vita con Eleonora. Una domenica riceve una chiamata dall’ospedale della sua cittadina: il padre, lo stimatissimo professore e farmacista Filippo D’Amico, ha avuto un gravissimo incidente di caccia e sta morendo. Antonio si precipita al suo capezzale, ma arriva appena in tempo per raccogliere uno sconcertante segreto, che si vede costretto a sigillare perché la madre malata non ne muoia, non lo sappia il fratello e l’onore della famiglia non venga infangato. Lo rivela soltanto a Eleonora ed entrambi saranno vittime e artefici degli sviluppi, all’inizio inimmaginabili, che da tale segreto origineranno. Le bugie, però, anche quando non hanno le gambe corte, sono molto pazienti, logorano i rapporti un poco alla volta, per poi, a distanza di anni, presentare il conto con tutti gli interessi. Al suo primo romanzo, Nella Frezza indaga con scrittura inesorabile i fragili equilibri che tengono insieme le famiglie, in ogni luogo e in ogni tempo, e il male che facciamo a noi stessi per difenderci dal giudizio degli altri.
Raramente mi spingo a dire che un libro rasenta la perfezione. Questo è uno di quei casi. Ho amato questa storia fin dalle prime righe. Mi ha catturata, ammaliata e incollata a sé pagina dopo pagina. La scrittrice non si perde in descrizioni ridondanti, che appesantirebbero il racconto, ma approfondisce le vite e le sfumature caratteriali dei protagonisti poco alla volta. Senza rendere noiosa la lettura.
Ogni pagina è un vortice di emozioni e accadimenti, non c’è un capitolo più lento di un altro. Tutto è ben amalgamato. Le storie dei protagonisti si intrecciano tra di loro in modo naturale.
Non posso, ovviamente, svelare quale sia il segreto confessato in punto di morte, ma posso dire che il tema principale della storia (che ruota attorno a quanto detto da Filippo prima di spirare) è di estrema importanza; oggi, forse, fortunatamente superato, ma negli anni ‘60 all’ordine del giorno.
Mi sono davvero innamorata di questo libro e della sua autrice, una giovane ottantenne (sì, 80 anni), al suo esordio letterario.
Le auguro di poter continuare a scrivere, così da regalarci altri piccoli capolavori.
Voto 10
Enrica Leone